sabato 26 marzo 2011

Il mito del nucleare. Seconda parte: l'indipendenza energetica

Il grado 2 dell'inganno sul nucleare, ci racconta di un dramma nazionale: la dipendenza dai combustili fossili e i nostri livelli d'importazione di Petrolio, Carbone e Metano. L'Uranio, in questo racconto, diventa il patriottico investimento necessario ad una italica auto affermazione nel campo dell'energia, non più sottomessa dal giogo delle materie prime straniere.
Questo è l'argomento preferito dagli esperti di "geo-politica" (quelli che profettizano le guerre per l'acqua) e dai giornalisti economici, professione che in Italia richiede un alto grado di incompetenza, abuso di luoghi comuni e predisposizione al "copia e incolla" dai bolletini del governo e di Confindustria: tutta gente con carriera assicurata al Corriere della Sera.

In quanto alla disponibilità di materie prime, chiariamo subito un punto: l'Italia non ha Uranio utile. Non esiste nemmeno un industria italiana dell'estrazione e dell'arrichimento dell'uranio (l'inizio della filiera da ricostruire). L'Uranio dovremmo importarlo, dovremmo farlo arricchire e bisognerà anche occuparsi del suo trasporto, che non è cosa da poco. Per tutto questo dovremmo affidarci ai francesi o ad altre imprese straniere presenti sul mercato.
Abbiamo già detto che le previsioni sulla disponibilità di Uranio non sono così rosee (prima parte). Aggiungiamo che la quasi totalità dei minerali contenti uranio disponibili (90%) è presente in soli 10 paesi!
Questa situazione ha portato il prezzo dell'uranio ad aumentare dell'800% in pochi anni (in confronto l'OPEC sembra un ente assistenziale, per come gestisce il prezzo del petrolio).
Ricapitolando: la materia prima è scarsa, e il picco di estrazione dell'uranio è più imminente del picco del petrolio. I pochi paesi grandi produttori impongono il prezzo di mercato. I paesi non produttori subiscono.

Il punto principale, però è un altro: come può il nucleare sostituire i combustibili fossili? Quello che si dimentica è che il nucleare serve a produrre energia elettrica. L'energia elettrica, però, costituisce solo una parte degli usi dell'energia (17%) e il nucleare copre appena il 2,3% dei consumi finali (Fonte: Key World Energy Statistic I.E.A 2010)
Prendiamo il petrolio, per esempio, il più citato in questo mito. Un gran parte del consumo di petrolio (+ del 50%) viene utilizzato nei trasporti, poi c'è la chimica, l'agricoltura e il riscaldamento. Infine una minima parte ad uso termoelettrico (- del 10%). Qual'è quindi l'impatto che il nucleare può avere nella riduzione dei consumi di petrolio? Non potrà influire sui combustibili per autotrazione (benzina, gasolio). Potrà mai influire sugli usi chimici e industriali del petrolio? Nella produzione di plastica, vernici? No.
Il problema della riduzione dei consumi di combustibili fossili con il nucleare, è un problema logicamente scorretto. Se si vogliono ridurre i consumi di petrolio, bisogna incidere sul trasporto: è interessante notare che coloro i quali sono contrari a politiche di limitazione del traffico di automezzi ad alto costo energetico (SUV), siano fra i più strenui difensori del nucleare.


Proviamo allora a verificare i vantaggi che il nucleare apporta sul sistema paese, a livello di indipendenza energetica, confrontando i nostri consumi con quelli della Francia, paese modello del nucleare, e a noi simile per popolazione, struttura economica e sociale.
La Francia dispone di 19 centrali nucleari, con 58 reattori attivi e un potenziale produttivo di 63 GWe. Noi non abbiamo nucleare, loro ne sono pieni. Nonostante questa immensa produzione elettrica....la Francia consuma più petrolio di noi (sia totale che pro-capite. Dati: Eurostat).
I consumi nei trasporti, nella chimica e nella agricoltura sono più o meno simili. La Francia consuma più oli combustibili per riscaldamento: l'Italia ha puntato sul metano (meno inquinante), con una capillare urbanizzazione della rete di distribuzione e con accordi strategici con i paesi produttori (l'Italia consuma molto più gas).
Guardando i dati, la vera sorpresa però, è che la Francia consumi petrolio in grande quantità anche nel settore termoelettrico (ossia per produrre energia elettrica). Perchè?

Succede che la super produzione francese di energia elettrica, tende a generare dei cicli non virtuosi nella gestione: si cerca di incentivare i consumi (ad esempio, uso di riscaldamento elettrici) facendo aumentare i carichi di potenza necessaria.
La Francia produce tanta energia, e ne incentiva l'uso, ma la domanda cresce in maniera irregolare. Le centrali nucleari, infatti, non possono essere accese e spente a piacere come si fa con un ciclo combinato a gas, devono funzionare a ciclo continuo: ma mentre la produzione è costante, il consumo no: durante il giorno, le curve di carico dei consumi elettrici in Francia raggiungono picchi dell'ordine di 92,4 GWe. Questo richiede una ulteriore capacità generativa (che diventa inutile di notte) o l'importazione di energia elettrica dall'estero durante il giorno, a prezzi elevati. Nel 2008, la Francia ha importato 34,8 TWh di energia elettrica: persino l'Italia ha esportato piccole quantità di energia elettrica verso la Francia!
Invece la forte eccedenza produttiva notturna viene svenduta ai paesi vicini. Nello stesso anno, l'Italia ha importato complessivamente una quantità di energia elettrica pari 48,93 TWh, di cui 15,259 TWh dalla Francia. L'energia notturna viene pagata sottocosto a 0,15 cent MHw. Produrla costerebbe di più: di fatto, il distributore nazionale sceglie di spegnere le centrali italiane la notte, e importare la corrente francese, perchè conviene.
Quanta energia elettrica consumiamo in Italia? Il picco massimo mai toccato è stato di 55 GWe nel 2008. Da allora i consumi sono in calo costante (riduzione consumi, tecnologie più efficienti e crisi).
Così, mentre fra il 2006 e il 2008, EDF (società energia francese), ha riattivato quattro vecchie centrali termoelettriche a petrolio, l'Italia continua a chiudere le proprie e ha anche bloccato la costruzione di nuove centrali a gas (non considerate necessarie): nel 2008, infatti, l’Italia aveva una potenza elettrica installata di 98.625 MW.


Insomma il nucleare non mette al riparo dalle turbolenze del mercato del petrolio: nel 2005, l'Italia ha speso 38,5 miliardi di euro per importazione di combustibili fossili, la Francia 37,5. E senza nucleare, i consumi di petrolio in Italia stanno diminuendo, mentre quelli della Francia nuclearista, aumentano (Eurostat).

Fonti:
Nucleare ed indipendenza energetica, ASPO Italia

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