martedì 12 febbraio 2013

Le mani di Amazon sulla nostra privacy

Lobbyplag  è una piattaforma che consente di capire da dove provengono gli emendamenti che si vogliono introdurre nella legislazione europea sulla privacy.
Non è più un segreto l'attivismo delle lobby a Bruxelles, diventata la seconda capitale mondiale per concentrazione lobbistica.
Questa piccola iniziativa, che prende spunto dalla discussione sulla nuova direttiva sulla protezione dei dati personali, è l'occasione per svelare quanto sia forte l'influenza delle grandi aziende che operano nell'ambito.
Così, confrontando le proposte presentate da alcuni parlamentari con quelle sottoposte da alcune grandi aziende agli stessi parlamentari, sono state trovate analogie impressionanti.
Le coincidenze sono così sorprendenti, che l’ong Transparency International ha fatto presente che “numerosi eurodeputati hanno fatto copia e incolla degli emendamenti preparati dai giganti americani di internet”, tra cui Amazon ed Ebay, “direttamente sul testo della direttiva". I testi sono confrontabili direttamente sulla piattaforma
Da quali gruppi parlamentari provengono quei deputati così attenti a questi importanti suggerimenti? La totalità delle proposte, tutte volte a limitare l'applicazione della direttiva o a diminuire le penali per le trasgressioni, provengono da 3 gruppi: i conservatori (deputati inglesi), i liberaldemocratici e, ovviamente, i popolari.
Fra i più attenti alle sirene delle grandi aziende e banche, c'è anche qualche euro-deputato inglese che spopola su youtube per i suoi interventi a difesa dei popoli d'europa e contro il superstato europeo che vuole opprimerli, negandogli la loro libertà. Video che trovano facile consenso fra le anime sensibili alle denunce sociali, sempre pronti a lodare la loro dialettica, per attaccare invece la presunta "ipocrisia" (quando non il tradimento) della sinistra europea.

sabato 11 giugno 2011

Il mito del nucleare. Quarta parte: la sicurezza

Smascherare la truffa del nucleare sicuro oggi, a pochi mesi da Fukushima... è come sparare sulla croce rossa. Eppure dobbiamo ricordare che nel flusso propagandistico degli ultimi anni, si è celebrato senza sosta l'inganno di un nuovo nucleare, finalmente controllabile e non più rischioso. Ancora oggi, qualche impavido continua a fare bassa propaganda con slogan che vanno dal "in Italia non ci possono essere tsunami", "solo tre incidenti in tutta la storia", fino all'ormai abusato "le nostre centrali saranno più sicure".

Le centrali più sicure, le nostre, saranno le EPR (European Pressurized Reactor) francesi. I francesi hanno cercato di venderle dappertutto. Dopo un primo accordo, però, sono state rifiutate da Irlanda, SudAfrica ed altri paesi. Alla fine ne sono riusciti a piazzare una in Finlandia: la costruzione sta accumulando innumerevoli problemi, e dopo che sono state riscontrate oltre 2000 difformità, è stata bloccata.
Sulle quelle costruite e già funzionanti in Francia, l'Autorité de sûreté nucléaire "dichiara" che si verificano più di 100 incidenti l'anno. In realtà è un dato strappato all'agenzia, che per sua stessa ammissione ritene pericoloso per l'ordine pubblico, rilevare i dati in maniera trasparente.
Del resto non c'è da preoccuparsi, perché si tratta di incidenti catalogati di livello 0, 1 o 2. Livelli che rientrano nella categoria "accettabile": incidenti di funzionamento o anomalie.
La definizione "accettabile" potrebbe far credere che non c'è rischio per la salute. Solo che la scala di un incidente nucleare non è stata stabilita dal'OMS, ma dall'AIEA (Organizzazione internazionale per l'energia atomica), l'agenzia che si occupa di diffondere il nucleare civile e l'industria atomica. Accettabile vuol dire un certo numero di contagiati e di morti per tot mila abitanti legati al rischio delle centrali e delle scorie: è un criterio di valutazione economico in funzione degli interessi rispetto ai danni sanitari.
L'OMS, l'organizzazione mondiale della sanità, è l'organismo che dovrebbe occuparsi di fornire i dati sanitari sui rischi salute, ma è vincolata da un accordo del '59 con la stessa AIEA (che dipende dal consiglia di sicurezza dell'ONU). Di fatto l'OMS non ha mai potuto pubblicare i risultati degli studi effettuati su Chernobyl, per diniego dell'AIEA: sappiamo che ci saranno conseguenze per almeno 30 generazioni... ma tutti i dati raccolti vengono considerati troppo impattanti per essere diffusi.
In ogni caso, non c'è bisogno di aspettare un incidente o verificare l'impatto a lungo termine: anche non producendo più energia nucleare, nella zona della centrale di Latina, i casi di leucemia sono il doppio rispetto al dato nazionale.. e stiamo parlando di radiazioni di basso livello.

La verità è che nonostante tutte i miliardi spesi, le generazioni di scienziati impegnati e i decenni di ricerche, la fissione nucleare non ha visto grandi progressi: continua a trattarsi di generare reazioni nucleari, per riscaldare dell'acqua che muoverà delle turbine.
La "nuova sicurezza"? Solo una gabbia di cemento armato da mettere intorno al nucleo e qualche sensore, chiamato in maniera pomposa, impianto di emergenza. Le centrali nucleari sicure, di terza generazione, non son altro che un "operazione di marketing", su cui si sono sviluppate le più grandi bufale giornalistiche mai viste: come la grandissima balla che la loro struttura dovrebbe resistere agli attacchi aerei!
Come è stato chiarito da un comunicato congiunto dell'Autorità per la Sicurezza nucleare di Francia, Inghilterra e Finlandia, il sistema d’emergenza dell’impianto non è indipendente dai normali sistemi di controllo. Che vuol dire? Che come successo a Fukushima, nel caso di avaria dei sistemi di controllo, anche il sistema di emergenza andrebbe fuori uso con conseguente perdita del controllo del reattore.
L'energia nucleare rimane una tecnologia vecchia, antiquata, inadeguata, costosa e intrinsecamente pericolosa.

PS. Si fa un gran parlare della "scelta" anti-nucleare della Merkel, senza ricordare che in Germania era già stato stabilito lo stop al nucleare per legge nel 2002 dal governo di Schoreder, con la progressiva chiusura della centrali esistenti. Il governo conservatore di Merkel aveva bloccato il programma di chiusure, con la scusa della crisi. Dopo Fukushima...

venerdì 3 giugno 2011

Il mito del nucleare. Terza parte: contrastare il cambiamento climatico

La Corte di Cassazione si è pronunciata e il referendum sul nucleare si farà. Il goffo tentativo del governo di invalidare la consultazione, servirà soltanto a farne lievitare i costi: andranno infatti ristampate tutte le schede relative al quesito 1, che dovrà tenere conto del pastrocchiato decreto omnibus, tirato fuori in extremis per cercare di far saltare il referendum. E allora, anche noi... riprendiamo in mano il blog e continuiamo questo sporco lavoro.

Il terzo livello dell'inganno, cerca di vendere il nucleare come la soluzione al cambiamento climatico.
Illuminati sulla strada di Kyoto, i nuclearisti riscoprirono improvvisamente una sensibilità ecologica e trovarono nuovo materiale da propaganda grazie alla lotta al CO2: ma come, non lo sapete? Incoscienti ecologisti "retrogadi"... informatevi! Le centrali nucleari non producono gas serra!

I più seguaci fruitori di questo mantra sono ingegneri e aspiranti tali (alcuni seduti in consigli direttivi ENI). Non è casuale. L'ingegnere si sa, è poco avezzo all'attività speculativa (altrimenti avrebbe fatto fisica): per lui il nucleare rimane un processo di fissione dalla straordinaria efficienza energetica (vero), dove, la fase di fissione del combustibile nel reattore nucleare non libera CO2. Non che la cosa gli interessi particolarmente, ma se serve a zittire qualche testacalda che protesta per l'inquinamento o altro, ben venga il nucleare come fonte energetica pulita: la più pulita che ci sia!

Per avere una valutazione reale delle emissioni di CO2 di una centrale nucleare bisogna considerarne l’intero ciclo di vita e i costi energetici legati alla filiera (sempre quella che non viene mai inserita nei dati ufficiali). Estrazione dell'uranio, arricchimento, costruzione centrale, trasporto materiale radioattivi, stoccaggio, smantellamento delle strutture: prima e dopo il processo di fissione nel nucleo, esistono una serie di operazioni che consumano grandi quantità di energia fossile. Traducendo: ognuno di questi passaggi genera gas serra.

Ok, ma quanti ne vengono generati? Gli studi e le ricerche differiscono di molto, perchè tengono in considerazione diversi sistemi di filiera e diverse tecnologie in uso. Riporto i dati di uno studio di Jean Willem Storm van Leeuwen e Philip Smith, pubblicato qualche anno fa. Considerando le diverse variabili, le emissioni di carbone di una centrale nucleare ammontano a 90-140g per kWh prodotto. Non proprio un toccasana, dato che sono livelli non molto al di sotto di quelli delle centrali a gas, e non paragonabili a quelli del fotovoltaio, eolioco e geotermico (<30g per kWh).

Considerando l'esaurimento delle scorte di Uranio, e la sempre maggior difficoltà d'estrazione dello stesso, i consumi di CO2 aumenteranno: alcuni arrivano ad ipotizzare che nei prossimi decenni le emissioni di una centrale nucleare supereranno quelle di una centrale a gas.

Nel racconto tutto ideologico di sostegno al nucleare, le affermazioni dei nuclearisti non vengono mai vagliate, non dico ad una attenta analisi, ma neanche alle più banali considerazioni di senso pratico.
Si ascolta dire in continuazione: il solare e l'eolico, non bastano, costano troppo, non incidono molto sull'emissione di anidride... non servono a rispettare gli impegni presi sulla riduzione di CO2. Di dati nemmeno a parlarne: bisogna prendere queste affermazioni come assioni inconfutabili.
Il tempo medio di costruzione di una centrale nucleare si attesta (in Europa... non in Italia) sui 17 anni. Solo considerando la CO2 prodotta per la costruzione della centrale nucleare, saranno necessari almeno (calcolo ipotetico in positivo) 10 anni di produzione elettrica nucleare, prima che nel computo di emissione/risparmio di anidride, la centrale arrivi ad avere un bilancio positivo. Quindi, se tutto va bene, l'Italia comincerà a diminuire l'emissione di CO2, grazie al nucleare, a partire dal... 2040.
Non sto qui a snoccialare le cifre delle riduzioni reali e odierne di emissione di gas serra, grazie alla riduzione dei consumi, alle tecnologie più efficienti energeticamente, alle energie sostenibili. Non mi ripeto sulla convenienza già oggi dell'eolico sul nucleare, e del sorpasso del solare previsto in due anni (altri dicono meno). Quello che più conta è che nella pianificazione strategica bisogna prevedere anche i livelli di sviluppo di queste tecnologie (fino ad oggi sempre superiori alle prospettive) e la disponibilità di nuove tecnologie, come quella della cattura e sequestro della CO2 che già comincia ad avere le sue prime applicazioni.
Cerchiamo di parlare di PROGRESSO, e basta con la archeologia industriale.

Ps.: Le considerazioni sul nucleare pulito, si basano solo sull'emissione di CO2. Non dimentichiamo che il nucleare è una fonte di energia che produce scorie radiattive, con tempi di decadimento superiori alle centinaia di migliaia di anni.

Pss. A proposito di impegni, ricordiamo che l'Italia dovrebbe consumare, per obbligo europeo, almeno il 30% di elettricità da fonte rinnovabile entro il 2020

sabato 26 marzo 2011

Il mito del nucleare. Seconda parte: l'indipendenza energetica

Il grado 2 dell'inganno sul nucleare, ci racconta di un dramma nazionale: la dipendenza dai combustili fossili e i nostri livelli d'importazione di Petrolio, Carbone e Metano. L'Uranio, in questo racconto, diventa il patriottico investimento necessario ad una italica auto affermazione nel campo dell'energia, non più sottomessa dal giogo delle materie prime straniere.
Questo è l'argomento preferito dagli esperti di "geo-politica" (quelli che profettizano le guerre per l'acqua) e dai giornalisti economici, professione che in Italia richiede un alto grado di incompetenza, abuso di luoghi comuni e predisposizione al "copia e incolla" dai bolletini del governo e di Confindustria: tutta gente con carriera assicurata al Corriere della Sera.

In quanto alla disponibilità di materie prime, chiariamo subito un punto: l'Italia non ha Uranio utile. Non esiste nemmeno un industria italiana dell'estrazione e dell'arrichimento dell'uranio (l'inizio della filiera da ricostruire). L'Uranio dovremmo importarlo, dovremmo farlo arricchire e bisognerà anche occuparsi del suo trasporto, che non è cosa da poco. Per tutto questo dovremmo affidarci ai francesi o ad altre imprese straniere presenti sul mercato.
Abbiamo già detto che le previsioni sulla disponibilità di Uranio non sono così rosee (prima parte). Aggiungiamo che la quasi totalità dei minerali contenti uranio disponibili (90%) è presente in soli 10 paesi!
Questa situazione ha portato il prezzo dell'uranio ad aumentare dell'800% in pochi anni (in confronto l'OPEC sembra un ente assistenziale, per come gestisce il prezzo del petrolio).
Ricapitolando: la materia prima è scarsa, e il picco di estrazione dell'uranio è più imminente del picco del petrolio. I pochi paesi grandi produttori impongono il prezzo di mercato. I paesi non produttori subiscono.

Il punto principale, però è un altro: come può il nucleare sostituire i combustibili fossili? Quello che si dimentica è che il nucleare serve a produrre energia elettrica. L'energia elettrica, però, costituisce solo una parte degli usi dell'energia (17%) e il nucleare copre appena il 2,3% dei consumi finali (Fonte: Key World Energy Statistic I.E.A 2010)
Prendiamo il petrolio, per esempio, il più citato in questo mito. Un gran parte del consumo di petrolio (+ del 50%) viene utilizzato nei trasporti, poi c'è la chimica, l'agricoltura e il riscaldamento. Infine una minima parte ad uso termoelettrico (- del 10%). Qual'è quindi l'impatto che il nucleare può avere nella riduzione dei consumi di petrolio? Non potrà influire sui combustibili per autotrazione (benzina, gasolio). Potrà mai influire sugli usi chimici e industriali del petrolio? Nella produzione di plastica, vernici? No.
Il problema della riduzione dei consumi di combustibili fossili con il nucleare, è un problema logicamente scorretto. Se si vogliono ridurre i consumi di petrolio, bisogna incidere sul trasporto: è interessante notare che coloro i quali sono contrari a politiche di limitazione del traffico di automezzi ad alto costo energetico (SUV), siano fra i più strenui difensori del nucleare.


Proviamo allora a verificare i vantaggi che il nucleare apporta sul sistema paese, a livello di indipendenza energetica, confrontando i nostri consumi con quelli della Francia, paese modello del nucleare, e a noi simile per popolazione, struttura economica e sociale.
La Francia dispone di 19 centrali nucleari, con 58 reattori attivi e un potenziale produttivo di 63 GWe. Noi non abbiamo nucleare, loro ne sono pieni. Nonostante questa immensa produzione elettrica....la Francia consuma più petrolio di noi (sia totale che pro-capite. Dati: Eurostat).
I consumi nei trasporti, nella chimica e nella agricoltura sono più o meno simili. La Francia consuma più oli combustibili per riscaldamento: l'Italia ha puntato sul metano (meno inquinante), con una capillare urbanizzazione della rete di distribuzione e con accordi strategici con i paesi produttori (l'Italia consuma molto più gas).
Guardando i dati, la vera sorpresa però, è che la Francia consumi petrolio in grande quantità anche nel settore termoelettrico (ossia per produrre energia elettrica). Perchè?

Succede che la super produzione francese di energia elettrica, tende a generare dei cicli non virtuosi nella gestione: si cerca di incentivare i consumi (ad esempio, uso di riscaldamento elettrici) facendo aumentare i carichi di potenza necessaria.
La Francia produce tanta energia, e ne incentiva l'uso, ma la domanda cresce in maniera irregolare. Le centrali nucleari, infatti, non possono essere accese e spente a piacere come si fa con un ciclo combinato a gas, devono funzionare a ciclo continuo: ma mentre la produzione è costante, il consumo no: durante il giorno, le curve di carico dei consumi elettrici in Francia raggiungono picchi dell'ordine di 92,4 GWe. Questo richiede una ulteriore capacità generativa (che diventa inutile di notte) o l'importazione di energia elettrica dall'estero durante il giorno, a prezzi elevati. Nel 2008, la Francia ha importato 34,8 TWh di energia elettrica: persino l'Italia ha esportato piccole quantità di energia elettrica verso la Francia!
Invece la forte eccedenza produttiva notturna viene svenduta ai paesi vicini. Nello stesso anno, l'Italia ha importato complessivamente una quantità di energia elettrica pari 48,93 TWh, di cui 15,259 TWh dalla Francia. L'energia notturna viene pagata sottocosto a 0,15 cent MHw. Produrla costerebbe di più: di fatto, il distributore nazionale sceglie di spegnere le centrali italiane la notte, e importare la corrente francese, perchè conviene.
Quanta energia elettrica consumiamo in Italia? Il picco massimo mai toccato è stato di 55 GWe nel 2008. Da allora i consumi sono in calo costante (riduzione consumi, tecnologie più efficienti e crisi).
Così, mentre fra il 2006 e il 2008, EDF (società energia francese), ha riattivato quattro vecchie centrali termoelettriche a petrolio, l'Italia continua a chiudere le proprie e ha anche bloccato la costruzione di nuove centrali a gas (non considerate necessarie): nel 2008, infatti, l’Italia aveva una potenza elettrica installata di 98.625 MW.


Insomma il nucleare non mette al riparo dalle turbolenze del mercato del petrolio: nel 2005, l'Italia ha speso 38,5 miliardi di euro per importazione di combustibili fossili, la Francia 37,5. E senza nucleare, i consumi di petrolio in Italia stanno diminuendo, mentre quelli della Francia nuclearista, aumentano (Eurostat).

Fonti:
Nucleare ed indipendenza energetica, ASPO Italia

lunedì 21 marzo 2011

Il mito del Nucleare. Prima parte: i costi

Il racconto del nucleare si nutre di numerosi miti. La propaganda poi prepara gli slogan da mandare a memoria, nei vari talkshow e giornali, e che devono cercare di fissare il mantra del nucleare come "male necessario" presso il grande pubblico, evitando di dare cifre e dati precisi.
In questi giorni cercherò di trattare uno alla volta i principali credi su cui si basa il racconto del nucleare, partendo dal primo livello dell'inganno, quello del costo.
La vulgata popolare vorrebbe sostenere che paghiamo troppo cara l'energia e con il nucleare si risparmia. Attenzione, nessuno esperto serio pro-nucleare utilizza il discorso del vantaggio economico del nucleare, tanto sia risibile come motivo. Questo è al massimo un argomentazione da talkshow, da politico di medio rango, un tipico esponente del governo: è appunto il livello più basso ed è il mito più facilmente smontabile.


L'intero ciclo nucleare ha costi diretti e indiretti troppo elevati per essere considerata una fonte d'energia efficiente. La gran parte del costo è legato alla progettazione e alla costruzione di una centrale. A questo poi vanno aggiunti i costi dello smaltimento delle scorie nucleare e della dismissione degli impianti. Senza poi parlare dei costi di sicurezza, ricerca e inconvenienti di gestione che sono sempre a carico dello Stato, non quantificabili direttamente nella spesa energetica della centrale nucleare, ma che sono comunque scaricati sulla collettività.

Sono presenti numerosi studi realizzati dopo il 2008 in Europa e negli USA, sui costi dell’elettricità prodotta con nuove centrali (1). Comparando questi studi, il costo medio dell’energia elettrica prodotta dalle nuove centrali nucleari risulta pari a 72,8 Euro/MWh, quello delle nuove centrali a gas è di 61 Euro/MWh (16% in meno); quello delle nuove centrali a carbone è di 57,5 Euro/MWh (21% in meno).
Secondo l'outlook 2010 del Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti, calcolando anche lo smantellamento e lo smaltimento delle scorie, il costo del nucleare su centrali esistenti è pari a quello del carbone (0,07 euro per kWH), ma superiore a quello dell’olio combustibile (0,05), del gas (0,04) e dell’eolico (0,03).

C'è da fare un prima notazione: gli studi internazionali citati indicano, mediamente, un costo dell’elettricità, prodotta dalle nuove centrali nucleari, del 20% più alto di quello stimato dal Governo italiano (60 Euro/MWh. Fonte: “Nuovo programma nucleare italiano”, bozza MSE, giugno 2010, che diciamo... reinterpreta allegramente i dati NEA)


Seconda notazione, ancora più importante. Questi studi valutano il costo dell’elettricità prodotta da nuove centrali nucleari in Paesi dove queste centrali già esistono! Il nucleare italiano, avrebbe costi aggiuntivi di riavvio di una filiera ormai dismessa. Vogliamo poi considerare le prevedibili opposizioni degli enti locali? La durata dei processi autorizzativi e il costo dei ritardi?
Quindi dovremmo importare una tecnologia, subirne i costi dei servizi aggiuntivi, riorganizzare la distribuzione su una rete elettrica da ristrutturare in funzione del nucleare e prevedere le spese per riuscire a imporre la costruzione degli impianti. A quanto ammonta questa spesa?
Per un totale di 10-15mila Mw di potenza installata sugli otto impianti previsti, occorrerebbe costruire da zero tutta la filiera: la stima degli investimenti ad oggi oscilla tra  40 e i 60 miliardi di euro (senza considerare lo smaltimento delle scorie ovviamente). Il progetto nucleare costituirebbe un salasso per le nostre bollette ed una pietra tombale sulla ricerca, lo sviluppo tecnologico e industriale del paese.


Terza notazione: gli studi di prima non tengono in considerazione eventuali tensioni nel prezzo della materia prima. Negli ultimi anni, il prezzo dell’uranio è cresciuto di sei volte, passando da 20 $ per libbra del 2000 ai 120 $ del 2007: una crescita esponenziale nemmeno paragonabile a quella del petrolio.
Se poi teniamo in considerazione gli attuali livelli di riserve di uranio e la disponibilità nelle miniere"utili" (ossia dove sia possibile estrarre a meno di 130 $/kg), anche considerano un livello di consumi costante (nessuna nuova centrale nucleare in funzione), l'uranio avrà una durata che varia tra i 46 anni e un massimo di 78 anni. Dite che non aumenterà di prezzo? Va bene, ma comunque avrà una durata complessiva inferiore a quella del petrolio e del carbone.


In definitiva, considerando:
  1. Costi reali di allestimento degli impianti
  2. Costi legati alla sicurezza degli impianti;
  3. Lo smaltimento dei rifiuti nucleari;
  4. La gestione continuata del combustibile nucleare;
  5. La disponibilità di forza lavoro in possesso delle necessarie competenze;
  6. La gestione del trasporto di combustibile nucleare;
Si capisce perchè non esiste al mondo nessuna esperienza privata di nucleare, e tutti i tentativi di incentivare la costruzione di nuove centrali o di privatizzare le centrali già esistenti (regalando gli impianti e lasciando la sola gestione) siano TUTTI andati falliti: dal piano di privatizzazzione della Thatcher ai piani di investimento dell'ultima amministrazione Bush. Per un semplice, evidente motivo: l'energia nucleare NON CONVIENE.

Fonti:
Studio comparativo sui costi del nucleare (Rapporto Ronchi, Gazzetta Ambiente)
International Energy Outlook 2010, U.S. Energy Information Administration (EIA) 
Projected Costs of Generating Electricity 2010, NEA Nuclear Energy Agency


(1) Si tratta di studi realizzati dall’Ufficio del Budget del Congresso degli USA, dalla Commissione europea, dalla Camera dei Lord, dal DOE dell’Amministrazione USA, dall’EPRI di Palo Alto, dal MIT e da Moody’s.

martedì 15 dicembre 2009

Dimissioni di Maroni e La Russa!!!

Come era prevedibile, il vile attentato di ieri alla persona del Presidente del Consiglio è diventata immediatamente una facile occassione per "monetizzare" consenso da parte degli irresponsabili populisti mediatici che da 15 anni gettano veleno nella società italiana.
I professionisti della calunnia e dell'infamia, che non hanno mai letto Manzoni e disconoscono Cesare Beccaria, hanno invaso giornali e tv, accusando chiunque si differenzi da loro (anche solo per il colore dei calzini) di essere moralmente colpevole di quel gesto folle. La violenza di uno squilibrato diventa la premeditazione armata e costruita dagli oppositori, dalla sinistra, dalla magistratura, dai blogger e persino da Fini, nella retorica di chi sogna leggi per la repressione da dittatura sudamericana.
L'infondatezza di tali accuse così come l'incoscienza di un simile attegiamento (questo si premeditato e frutto di una tecnica ormai collaudata), non dovrebbero ricevere nessuna considerazione: ma da 15 anni siamo in questa situazione, grazie soprattutto all'appogio incondizionato dei media (evviva il "terzismo" del corrierino!) e... quello stupido e spaventato di un opposizione perennemente sulla difensiva.
Eppure, nel vociare strumentale, nelle accuse violente gridate in tv dalla controfigura di Fiorello e dal seguace di riti Celti, nessuno riesce a evidenziare il punto fondamentale di quel fatto gravissimo: ossia, come è possibile attentare in maniera così facile all'incolumità del Presidente del Consiglio?
Se è vero quello che ha detto meicojoni, ossia che Berlusconi poteva rimanere ucciso, risultano ancora più gravi le mancanze e le colpe del sistema di sicurezza che doveva garantire la vita della più alta carica di governo del paese. In una democrazia seria, dei ministri della Difesa e degli Interni responsabili e preoccupati di servire al meglio lo stato, dovrebbero essere incalzati in parlamento, costretti a ricostruire in maniera chiara e precisa le responsabilità della mancata difesa del Presidente del Consiglio.
La loro prima preoccupazione, dopo un evento del genere, dovrebbe essere quella di fare pubblica ammenda e chiedere scusa a tutti i cittadini (indistintamente dal fatto che li abbiano votati o meno), per avere mostrato in maniera palese, incompentenza e incapacità. Se non sono stati in grado di proteggere la carica più alta del governo dalla follia di un povero squilibrato isolato e privo di organizzazione, come pensano di poter gestire la difesa e la sicurezza del paese?
Il vero scandalo è che questo dato non preoccupi nessuno, mentre i due ministri dell'incapacità e dell'incompetenza seguono dritti sulla strada della criminalizzazione della critica e della protesta.
Di contro, un opposizione responsabile e consapevole del suo ruolo per il paese, invece di stare qui a preoccuparsi di manifestare una sterile difesa della libertà d'espressione (di fronte alle plateali cazzate su limitazioni a social network e blog vari), dovrebbe occupare il parlamento chiedendo apertamente le dimissioni di chi si è mostrato inadatto e incapace al ruolo a cui era stato chiamato.
Non si tratta di polemica politica, ma del bene del paese.

mercoledì 18 novembre 2009

Stranieri autoctoni

Ho appena letto l'ultimo post di Beppe Grillo e per una volta un minimo mi sento rincuorato. Anche se molti dei coautori di questo blog non sono permeati dal mio grillismo, credo che anche loro ne condividano la sensazione.

Essere giusti, non necessariamente solo onesti, in questo paese è un esercizio per stupidi. La verità drammatica e semplice è questa. Essere onesti significa farsi fregare quasi matematicamente dai furbi, la vera razza selezionata come vincente in questa italietta.
Il post del buon Beppe è furbo. Culla la diversità del suo futuro elettorato di riferimento, crea demarcazione e distinzione, scalda i cuori e fa sentire migliori perchè diversi dalla merda che ci circonda (si capisce che sto andando su sensazioni personali!!).

Però al di là degli aspetti elettoral-promozionali, è vero che questo paese nella sua maggioranza è fatto di persone furbe o stupide. I furbi sono generalmente ricchi, o al massimo arrivisti; gli stupidi sono gli onesti e oppure le vittime. In questi ultimi distinguo la categoria delle vittime entusiaste (cfr nobel per la pace a Silvio) che sono le peggiori perchè non si accontentano di farsi raggiungere dal cetriolo quotidiano, se lo vanno a cercare e ringraziano pure.

Quando il Berluska non ci sarà più ci rimarranno i suoi eredi spirituali e la sua mentalità: il Berlusconismo. Che tragedia e che profonda tristezza.